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- La "Vision 2030" punta a diversificare l'economia saudita.
- La repressione digitale è una realtà, con condanne fino a 27 anni.
- Freedom House assegna all'Arabia Saudita un punteggio di 24/100 sulla libertà.
Vision 2030: Un’analisi della supremazia tecnologica saudita
L’Arabia Saudita, sotto la spinta della “Vision 2030”, si propone come leader indiscusso nel campo dell’intelligenza artificiale (AI) in Medio Oriente e come attore globale di rilievo. In un’era in cui l’AI trasforma le economie, ridefinisce la sicurezza nazionale e rimodella le società, investire in questa tecnologia non è solo una questione di stare al passo con i tempi, ma di assicurarsi una competitività a lungo termine in un mondo sempre più guidato dall’infrastruttura digitale. Le nazioni che si impegnano nell’AI su vasta scala stanno investendo nel futuro, costruendo strumenti e capacità che definiranno i decenni a venire. L’AI non è più un lusso o un esperimento, ma il fondamento della prossima rivoluzione industriale.
Il Medio Oriente, con le sue abbondanti risorse energetiche, la posizione geografica strategica e una popolazione giovane e tecnologicamente avanzata, rappresenta un terreno fertile per lo sviluppo dell’AI. Per i paesi della regione, l’AI è uno strumento essenziale per diversificare le economie dipendenti dal petrolio, creare nuovi settori e posti di lavoro qualificati e garantire stabilità a lungo termine. Inoltre, lo sviluppo di sistemi AI in lingua araba offre l’opportunità di colmare un divario culturale e tecnologico, riflettendo la lingua, la storia e le dinamiche sociali della regione nel futuro digitale.
L’Arabia Saudita ha adottato una strategia governativa globale che abbraccia politica, regolamentazione, capitale, istruzione e infrastrutture. Ha creato un quadro normativo completo per governare ed espandere l’uso di dati e AI, con leggi che offrono chiarezza alle imprese e proteggono i cittadini. Il regno ha investito miliardi in infrastrutture, dai supercomputer ai data center, creando un ambiente normativo favorevole all’innovazione e attraente per i partner stranieri. L’ambizione saudita è di diventare un centro di sviluppo, formazione e innovazione AI.
Sotto la guida del principe ereditario Mohammed bin Salman, l’AI è diventata un pilastro centrale della “Vision 2030”. Invece di disperdere gli investimenti in varie iniziative, il governo si è concentrato su progetti su larga scala e visibili che dimostrano la determinazione dell’Arabia Saudita a essere all’avanguardia nel cambiamento tecnologico. La “Vision 2030” ha mobilitato ministeri, università e il settore privato per allinearsi agli obiettivi nazionali. L’approccio del principe ereditario combina la forza finanziaria e le risorse energetiche dell’Arabia Saudita con partnership strategiche che portano competenze e tecnologie di livello mondiale nel regno.
Tra i risultati di questa strategia si annoverano la creazione della Saudi Data and Artificial Intelligence Authority (SDAIA), l’emanazione della Personal Data Protection Law e investimenti significativi nella potenza di calcolo, come il supercomputer Shaheen III. Accordi con aziende come AMD, Qualcomm, Groq e Google Cloud evidenziano come l’Arabia Saudita sia diventata un partner indispensabile per le aziende globali che cercano di espandere le proprie capacità AI. In occasione di conferenze internazionali come LEAP a Riyadh, l’Arabia Saudita ha annunciato investimenti per decine di miliardi di dollari in AI, infrastrutture e trasformazione digitale, dimostrando non solo ambizione, ma anche progressi concreti. Il regno ha anche dato priorità alla creazione di modelli AI progettati specificamente per il mondo di lingua araba e si è concentrato sulla formazione della propria popolazione attraverso borse di studio, programmi e incentivi.
L’attenzione all’AI ha portato alla nascita di Humain, una società di proprietà statale incaricata di guidare i progetti AI del regno, costruire enormi data center, sviluppare modelli AI in lingua araba e forgiare partnership con giganti tecnologici globali. Gli sforzi compiuti in pochi anni hanno permesso all’Arabia Saudita di compiere progressi che molti paesi impiegano decenni a realizzare. La “Vision 2030” mira a trasformare l’economia del regno, tradizionalmente dipendente dal petrolio, in una economia basata sulla conoscenza e l’innovazione. Il piano prevede di attrarre investimenti stranieri, sviluppare il settore privato, creare posti di lavoro per i giovani sauditi e migliorare la qualità della vita. La trasformazione digitale è un elemento chiave della “Vision 2030”, con l’obiettivo di rendere l’Arabia Saudita un leader nel campo delle tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale, l’Internet delle cose e la blockchain.

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Criticità e ombre della trasformazione digitale
Tuttavia, dietro la facciata scintillante del progresso tecnologico, si celano ombre di repressione e violazioni dei diritti umani. Il progetto NEOM, ad esempio, è stato accompagnato da sfratti forzati e violazioni dei diritti umani delle comunità locali. La libertà di stampa è limitata e la repressione digitale è una realtà: seguire un attivista sui social media o mettere “mi piace” a un post critico può costare anni di prigione.
Il caso di Muhammad al-Ghamdi, condannato a morte per dei tweet critici, e quello di Salma al-Shehab, condannata a 27 anni di carcere per aver sostenuto attiviste per i diritti delle donne sui social media, sono emblematici della stretta autoritaria del governo saudita. Amnesty International ha ripetutamente denunciato le violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita, tra cui arresti arbitrari, torture e processi iniqui. La repressione del dissenso online è particolarmente preoccupante, poiché mira a soffocare qualsiasi critica al governo e alla “Vision 2030”. L’indice sulla libertà della rete in Arabia Saudita realizzato da Freedom House nel 2021 inserisce Riad nella categoria dei paesi “non liberi”, assegnandole un punteggio di 24/100.
Parallelamente all’attività di occultamento e repressione delle voci critiche al regime, l’Arabia Saudita porta avanti una campagna online finalizzata a promuovere le politiche del governo guidato dal Mohammed bin Salman, tramite la creazione di migliaia di profili falsi che postano contenuti favorevoli a Riad. Per farlo il Paese del Golfo si serve di veri e propri eserciti di troll e bot, noti come “mosche elettroniche”, nonché dell’astroturfing, ovvero la pratica di creare la falsa impressione che utenti legittimi stiano sostenendo spontaneamente una causa.
La “Vision 2030” promette di diversificare l’economia saudita, ridurre la dipendenza dal petrolio e creare nuovi posti di lavoro. Tuttavia, è importante analizzare attentamente se questi progetti tecnologici stanno effettivamente contribuendo a migliorare la vita dei cittadini sauditi o se sono semplicemente un’operazione di facciata per attirare investimenti stranieri. La mancanza di trasparenza e di dati affidabili rende difficile valutare l’impatto reale della “Vision 2030” sull’economia saudita e sulla creazione di posti di lavoro. Inoltre, la concentrazione degli investimenti in progetti di prestigio come NEOM solleva interrogativi sulla distribuzione della ricchezza e sui benefici per la popolazione nel suo complesso.
Il ruolo dei media e la percezione internazionale
I media internazionali hanno un ruolo cruciale nel fornire un’analisi obiettiva della “Vision 2030” e dei suoi impatti. È essenziale che i giornalisti investigano a fondo le questioni relative ai diritti umani, alla censura e all’impatto sociale ed economico dei progetti tecnologici sauditi. I media dovrebbero anche dare voce alle comunità locali e alle organizzazioni per i diritti umani che sono state colpite dalla “Vision 2030”. La trasparenza e l’accesso alle informazioni sono fondamentali per garantire che la “Vision 2030” sia implementata in modo responsabile e sostenibile.
La percezione internazionale della “Vision 2030” è influenzata da una combinazione di fattori, tra cui la copertura mediatica, le relazioni diplomatiche e gli interessi economici. Alcuni paesi vedono la “Vision 2030” come un’opportunità per rafforzare i legami commerciali e di investimento con l’Arabia Saudita. Altri, invece, esprimono preoccupazioni per le violazioni dei diritti umani e la mancanza di libertà di espressione. È importante che i governi tengano conto di tutti questi fattori nel formulare le loro politiche nei confronti dell’Arabia Saudita.
Il regno saudita ha intrapreso una serie di riforme economiche e sociali, volte a diversificare l’economia, promuovere l’imprenditorialità e migliorare la qualità della vita dei cittadini. Tra le riforme più significative vi sono la liberalizzazione del mercato del lavoro, la privatizzazione di alcune aziende statali e la promozione del turismo. Tuttavia, queste riforme sono state accompagnate da una repressione del dissenso e da una limitazione delle libertà civili.
L’Arabia Saudita è un paese con una storia complessa e una cultura ricca. È un paese che sta cercando di modernizzarsi e di aprirsi al mondo, ma che allo stesso tempo deve fare i conti con le proprie tradizioni e con le sfide del cambiamento. La “Vision 2030” è un progetto ambizioso che ha il potenziale di trasformare l’Arabia Saudita in un paese più prospero e moderno. Tuttavia, è essenziale che questo progetto sia implementato in modo responsabile e sostenibile, nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Oltre il miraggio tecnologico: Un futuro sostenibile e inclusivo
La “Vision 2030” rappresenta un’opportunità unica per l’Arabia Saudita di costruire un futuro più prospero e sostenibile. Tuttavia, è fondamentale che questo progetto sia implementato in modo trasparente e responsabile, nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. È necessario un approccio critico e consapevole per valutare i benefici e i rischi della trasformazione digitale in corso. Solo così sarà possibile evitare che la “rivoluzione tecnologica saudita” si riveli un semplice miraggio nel deserto.
Dietro le promesse di progresso tecnologico, si nascondono ombre di repressione e violazioni dei diritti umani. Staremo a vedere se, nel tempo, la sostanza supererà l’apparenza. Nel frattempo, è fondamentale tenere gli occhi aperti e la mente critica, chiedendosi se il futuro che ci stanno vendendo è davvero il futuro che vogliamo.
Se questo futuro includesse una tecnologia di base come il cloud computing, che permette di archiviare e accedere ai dati da remoto, potremmo garantire una maggiore accessibilità alle informazioni per tutti i cittadini sauditi, promuovendo la trasparenza e la partecipazione democratica. Immaginate, poi, l’applicazione di tecnologie avanzate come il machine learning per analizzare i dati e identificare le aree in cui è necessario migliorare la protezione dei diritti umani. Questi strumenti potrebbero fornire un quadro più preciso della situazione e contribuire a sviluppare politiche più efficaci.
Ma la tecnologia, da sola, non basta. È necessario un impegno concreto da parte del governo saudita per garantire la libertà di espressione, il diritto di associazione e il rispetto dei diritti umani. Solo così sarà possibile costruire un futuro veramente sostenibile e inclusivo per l’Arabia Saudita. Ricordiamoci che la tecnologia è uno strumento, e come tale può essere utilizzato per il bene o per il male. Sta a noi assicurarci che venga utilizzato per costruire un mondo migliore per tutti.







