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- Solo lo 0,1%-0,5% della forza lavoro coinvolta in progetti GenAI.
- Il 70% delle aziende vede una riduzione dei tempi operativi.
- Solo il 17% misura i benefici con KPI strutturati.
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE GENERATIVA: UNA RIVOLUZIONE IN FASE DI DECOLLO
La Generative AI (GenAI) sta emergendo come una forza dirompente nel panorama aziendale, promettendo di trasformare radicalmente i processi, in particolare quelli ad alta intensità di conoscenza. Tuttavia, un’analisi approfondita rivela che l’adozione di questa tecnologia è ancora in una fase embrionale, con le aziende che si trovano ad affrontare sfide significative nel passaggio dalla sperimentazione all’implementazione su vasta scala.
L’ADOZIONE INIZIALE E L’IMPATTO SULLA PRODUTTIVITÀ
Uno studio recente condotto da AUSED in collaborazione con il Digital Transition Hub dell’Università LIUC, basato su un campione di 54 CIO, evidenzia come, nonostante l’entusiasmo generale, solo una frazione minima della forza lavoro (tra lo 0,1% e lo 0,5%) sia stata effettivamente coinvolta in progetti pilota legati alla GenAI. Questo dato, apparentemente paradossale, suggerisce che l’adozione diffusa non è ancora una realtà consolidata.
Nonostante ciò, le aziende che hanno sperimentato con la GenAI riportano un impatto positivo sulla produttività individuale. Il 70% degli intervistati segnala una riduzione dei tempi operativi, il 67% un aumento dell’efficienza e il 40% un miglioramento della qualità dell’output. Tuttavia, solo il 17% di queste aziende misura tali benefici attraverso KPI strutturati, evidenziando una lacuna tra la percezione e la misurazione oggettiva dei risultati.

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SFIDE ORGANIZZATIVE E CULTURALI
La ricerca evidenzia che la maggior parte delle imprese è ancora nella fase di sperimentazione o di introduzione iniziale, adottando un approccio pilota controllato che spesso si limita a settori specifici come l’IT o la sede centrale.
Pochi progetti includono direttive chiare, squadre dedicate all’AI o una verifica tramite indicatori di performance.
La gestione del cambiamento è tuttora carente e la responsabilità delle iniziative ricade quasi sempre sulla funzione IT.
Questo denota una limitata maturità organizzativa, dove l’integrazione tecnologica non è sostenuta da un’autentica evoluzione culturale o gestionale.
Le funzioni più coinvolte sono: IT (80%); R&D (25%); Customer Service (20%); HR e Marketing (<10%). Questa distribuzione evidenzia come l'adozione della GenAI sia ancora fortemente orientata all'IT, con un coinvolgimento limitato di altre funzioni aziendali chiave.
LE IMPLICAZIONI STRATEGICHE DELL’AI-FIRST COMPANY
Parallelamente all’adozione della GenAI, emerge il concetto di “AI-first company”, un’espressione che rischia di essere inflazionata e svuotata di significato. Essere un’azienda AI-first non significa semplicemente utilizzare l’intelligenza artificiale, ma piuttosto ripensare radicalmente il rapporto tra dati, conoscenza dell’organizzazione, potere e processi decisionali.
Come ha anticipato Sundar Pichai nel 2016, l’intelligenza artificiale dovrebbe essere vista come un *punto di vista strategico, capace di dischiudere orizzonti inediti, nuove profondità di comprensione e innovativi strumenti interpretativi per ripensare prodotti, servizi e assetti organizzativi. Questa transizione di paradigma incide sia sulla competitività industriale che sull’indipendenza strategica, sia sulle misurazioni di efficienza che sui meccanismi cognitivi collettivi.
Secondo Ash Fontana, le aziende “AI-first” si distinguono per la scelta di forgiare un vantaggio competitivo duraturo, trasformando le informazioni in intelligenza e amplificando il valore di ogni nuovo dato in un circuito virtuoso di apprendimento continuo. Mika Ruokonen e Paavo Ritala propongono tre modelli di AI-first strategy: i digital tycoons, i niche carvers e gli asset augmenters, ognuno con un approccio diverso ma accomunati dalla volontà di rimettere l’AI al centro dell’architettura strategica.
FIDUCIA E RESPONSABILITÀ: LE SFIDE ETICHE DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Mentre le aziende si affrettano ad abbracciare l’intelligenza artificiale, è fondamentale non trascurare le implicazioni etiche e la necessità di guadagnare la fiducia degli utenti. Un sondaggio del Pew Research Center rivela che la fiducia nell’intelligenza artificiale sta diminuendo in tutto il mondo, con una crescente percezione negativa delle nuove tecnologie.
Le aziende devono quindi invertire questa tendenza, facendo in modo che le soluzioni di intelligenza artificiale siano ritenute utili ed apprezzate dai loro clienti. Come affermò Stefano Rodotà, “non tutto ciò che è tecnologicamente possibile è anche socialmente desiderabile, eticamente accettabile, giuridicamente legittimo”.
La fiducia non è una prerogativa delle macchine, ma degli esseri umani. È fondamentale che ogni progetto di AI sia attentamente concepito e portato avanti da un team multidisciplinare composto da esperti con varie competenze. La figura del Data Protection Officer assume un ruolo centrale, non solo come garante della conformità normativa, ma anche come custode dei dati e referente per gli utenti, contribuendo a rafforzare la reputazione dell’organizzazione.
VERSO UN FUTURO CO-INTELLIGENTE: UN’OPPORTUNITÀ DA NON SPRECARE
La Generative AI si configura come una straordinaria risorsa per le imprese, ma il suo esito positivo dipenderà dalla loro abilità nel superare gli ostacoli organizzativi e culturali, nell’investire in nuove capacità e nell’adottare un approccio strategico alla trasformazione digitale.
Solamente in questo modo sarà possibile trasformare le prime fasi di sperimentazione in un’adozione diffusa e pienamente integrata, capace di produrre un valore tangibile e duraturo.
In questo contesto, è essenziale comprendere alcuni concetti chiave. L’intelligenza artificiale (AI) si riferisce alla capacità di una macchina di imitare le funzioni cognitive umane, come l’apprendimento, il ragionamento e la risoluzione dei problemi. Un concetto più avanzato è quello di AI spiegabile* (XAI), che mira a rendere i processi decisionali dell’AI più trasparenti e comprensibili, consentendo agli utenti di capire come e perché l’AI arriva a determinate conclusioni.
Riflettiamo: l’AI è uno strumento potente, ma il suo impatto sulla società dipenderà da come scegliamo di utilizzarlo. Sarà fondamentale bilanciare l’innovazione tecnologica con la responsabilità etica, garantendo che l’AI sia al servizio dell’umanità e non viceversa. Solo così potremo costruire un futuro in cui l’intelligenza artificiale sia una forza positiva per il progresso e il benessere di tutti.







